domenica 5 giugno 2016

Recensione a Franco Melissano, "I Giorni ed i Versi Poesie": Il Viaggiatore del Tempo e la Poesia.



Il Viaggiatore del Tempo e la Poesia
recensione a Franco Melissano, I Giorni ed i Versi Poesie, 2016

di Anna Stomeo 

I Giorni ed i Versi è il titolo che Franco Melissano ha dato alla sua ultima raccolta di poesie, un titolo che intende testimoniare di un legame tutt’altro che scontato tra il tempo e la poesia e che l’Autore ha scelto, probabilmente, per sottolineare la  diversa dimensione poetica di questa raccolta, rispetto alle sue due precedenti, non solo per la preferenza della lingua italiana, ma per una più intensa connotazione lirica che qui sembra spingerlo sino ai confini del proprio universo conoscitivo. 
 I richiami semantici dei due lessemi (Giorni e Versi) sembrano, infatti, voler mettere in discussione la diacronia stessa del discorso poetico e dell’intera raccolta: quel Versi al plurale, che segue a Giorni e che dovrebbe indicare la poesia (esserne sinonimo), in realtà diventa, appunto, un indicatore di di-verse direzioni di indagine, quelle che il poeta segue nello scorrere dei Giorni, del Tempo, e che lo rivela a se stesso, e al lettore, in termini di inquietudine, ma non di incoerenza. 
I Giorni ed i Versi diventa così un viaggio nel tempo che non ha nulla di nostalgico e che il poeta compie per disvelare i misteri della poesia. Il poeta si fa viaggiatore di un tempo mitico, fatto di eterni ritorni, nel quale la ricerca poetica si trasforma in bisogno esistenziale, in ricerca dell’ignoto, come nella quête degli antichi cavalieri erranti.  
Ogni volta che ci ritroviamo tra le mani un libro di poesia, come questo di Franco Melissano, ci chiediamo inevitabilmente che cosa lo abbia prodotto, specialmente quando conosciamo l’Autore e sappiamo che svolge un’altra attività, estremamente lontana dalla poesia o da quello che riteniamo significhi l’essere poeti. Inevitabilmente finiamo col chiederci da dove venga la poesia, se non sia un’illuminazione che sceglie alcuni predestinati o, piuttosto, un divertissement che consente un’evasione dal quotidiano, o ancora, forse, una ricerca, un esercizio di conoscenza attraverso la parola.  
Quando poi, dopo una prima occhiata, data di sfuggita ai versi che scorrono lungo le pagine bianche, cominciamo ad entrare nel testo e a leggerlo più approfonditamente, allora ci accorgiamo di essere entrati in un mondo definito e compiuto in se stesso, un mondo non casuale, ma costruito ad hoc, un mondo da accogliere, in tutto o in parte, per come è o da rifiutare, in tutto o in parte, per come non è. In definitiva, nel momento in cui entriamo nel testo, cioè lo leggiamo con un livello più intenso di attenzione e di partecipazione, ci accorgiamo che si tratta di un sistema perfettamente ordinato al suo interno e che il nostro semplice approcciarci ad esso, attraverso la lettura, provando emozioni o facendo riflessioni, costituisce di per sé un esercizio critico. Come affermava Attilio Momigliano “Leggere è scoprire la poesia: perciò la lettura è il principio della critica.”
Ma questo esercizio critico a che serve se non a tentare di capire la natura della poesia? Molti di noi possono pensare che la poesia, avendo a che fare con le parole, abbia anche a che fare con la letteratura. Non sempre è cosi, perché la poesia abbraccia uno spazio più ampio della letteratura, nasce con la musica, alla quale fin dall’antichità si è accompagnata (per separarsene definitivamente solo con la nascita della stampa) e coinvolge non solo la parola, ma il respiro. La poesia nasce come nasce il respiro: senza che ce ne accorgiamo. Per questo la poesia riguarda tutti e non solo i letterati, la poesia nasce perché il ritmo del respiro cambia in seguito a qualcosa che ti sorprende. La poesia nasce, letteralmente, da un’ispirazione, da un cambio del respiro, da un trauma che ti sconvolge (un fatto, un evento, un’immagine, uno sguardo). La poesia denomina il mondo e le cose in modo nuovo attraverso l’esperienza poietica (pratica) del linguaggio, un lavoro, un fare sul linguaggio che spinge a ricercare le parole adeguate per esprimere l’incanto. 
La poesia è in stretta relazione con la percezione del tempo (che contribuisce a dilatare) e con la conoscenza (che contribuisce ad approfondire). Tempo e conoscenza sembrano i punti di riferimento costanti del fare poesia, del poiein. Troppo spesso ci ripetiamo che la poesia è sostanzialmente scavo, non lenimento. né tantomeno salvezza, ma ricerca sofferta di armonia, strutturazione dell’indicibile e dell’invisibile.
(Recita Montale: “io sono amico dell’invisibile/e non faccio conto/ che di ciò che si fa sentire e non si mostra/ e non credo e non posso credere/ a tutto quello che si tocca/ e che si vede”)
Questo invisibile che affiora dai versi di ogni poeta e ciò che consente alla poesia di superare il terreno propriamente letterario per farsi comunicazione soggettiva, allusiva, figurata, in definitiva arte. E in quanto arte la poesia è passione, nel senso più ‘assoluto’ del termine, è sofferenza, trasporto, struggimento, impulso e tormento come nell’amore. E i poeti sono innanzitutto amanti della poesia, amano la poesia come oggetto del desiderio e da questo amore vengono spesso travolti in un turbine di sensazioni talvolta scomposte, incontrollabili. 
Franco Melissano, invece, non è solo amante della poesia, ma è poeta rigoroso che rifinisce e perfeziona i propri versi, è poeta consapevole delle valenze altre della parola poetica, alla quale  si affida e alla quale affida le proprie intime riflessioni. È poeta colto, animato da frequentazioni e suggestioni classiche che si fanno vere e proprie citazioni, quando da un verbo o solo da un’assonanza, riecheggiano antiche espressioni figurate (Quale colomba che ritorna al nidoQuando per sempre chiusi gli occhi al giorno…) o note figure di suono  e di significato.
La raccolta si articola in due sezioni, apparentemente distanti per ispirazione e per soggetto. 

Nella prima sezione, Canto di Sirena,  compaiono venti poesie d’amore, come recita il sottotitolo, tutte dedicate (a quanto si evince dal susseguirsi logico e, soprattutto, dialogico dei componimenti) ad una sola e unica donna, la compagna di una vita, archetipo, poeticamente e poieticamente,  di una sensualità continuamente ricercata e puntualmente ritrovata nel tempo e negli anni, quasi come pegno di un intenso sentimento amoroso che  attraversa e supera la dimensione del tempo. Si veda a questo proposito Gorgoglia la tua voce dove il corpo femminile si rappresenta non solo come forma erotica, ma come suono, come voce, una voce che prolunga il corpo fino a raggiungere l’anima, in un gioco di assonanze. La donna è, in questa sezione della raccolta, presenza costante, del qui ed ora, non presenza/assenza filtrata dalla memoria, come spesso avviene in poesia. Questo appropriarsi del tempo al presente, anche del tempo amoroso, è un modo di nominare il tempo per evitare il diradarsi del ricordo, il suo perdersi nelle nebbie della memoria la quale è, per sua natura, inaffidabile. 

Nella seconda sezione, I giorni ed i versi, che racchiude ben sessantanove poesie, il tempo, invece, emerge in tutta la sua irrimediabilità, come cifra dell’intera raccolta, alimentando con il suo ritmo l’alternarsi delle immagini. Non a caso il raccordo tra la prima e la seconda sezione è dato da una metapoesia (Amata mia poesia) in cui la donna continua a permanere come energia seduttiva e salvifica (O quante, quante volte/con tenerezza antica/sommessamente chiamo/e busso trepidante alla tua porta/ed impaziente attendo/col cuore già grondante/dei dubbi dell’amante), presenza assente di una poesia che si concede “con pietà crudele” . E ciò perché il poeta sembra puntare tutto sul ricordo/raccordo del tempo e dei versi, nel quale la memoria si fa garante di un rapporto autentico con la natura (Echi di sirene) e con la storia (Di nuovo in Palestina torna Erode)

I titoli delle due sezioni risultano dunque molto utili ad un’analisi testuale che tenti di spiegare i meccanismi interni di funzionamento e forse anche le ragioni del fare poesia di Franco Melissano. Il punto di vista del poeta, sospeso tra l’amore e il tempo, si articola in una serie di immagini denotative e di implicazioni connotative che svelano l’intrinseca polisemia e, quindi, l’autentica poesia,  della raccolta. 

Nella prima come nella seconda sezione è possibile cogliere diversi livelli o sistemi del testo che si rapportano tra loro fino a costituire una vera e propria rete di riferimenti interni. Così non solo i versi di Amata mia poesia ricompongono, come si è detto, in unità le due sezioni all’insegna di una poesia-donna metafora dell’unicità di ispirazione, ma anche all’interno di tutta la raccolta si determinano, tra i vari componimenti, rapporti di corrispondenza e di opposizione che nel loro alternarsi contribuiscono alla coerenza del testo e all’organicità dell’interpretazione da parte del lettore. 

Si veda ad esempio il rapporto di corrispondenza che si determina tra Crepuscolo (p.46) e Le tenebre del cuore (p.61): tra i due componimenti non c’è solo corrispondenza tematica (la tristezza che insorge nell’animo e si fa disincanto esistenziale, l’emergere dell’oscurità nella luce), ma anche simbolica (l’immensa rete di ragno che allude palesemente allo spleen di baudelairiana memoria e il buio del grembo materno foriero di luce mentre le tenebre del cuore/accecano il mattino ). 


Gli intrecci e i richiami di significato che si determinano sul piano semantico riguardano, nella seconda sezione, paesaggi indefiniti e onirici (Giardini incantati) che richiamano a loro volta luoghi precisi e definiti (L’Adda, Roma, Maglie, Sant’Andrea….) per dare corpo all’astrattezza dei pensieri (Eternità)  e all’amarezza di alcune riflessioni (Profumo di fiori, Canto).

Franco Melissano sa individuare, nella propria ispirazione poetica, nel proprio fare poesia, tutti gli elementi specifici, i motivi che contribuiscono a comunicare, sul piano del contenuto, quello che ritiene il significato più profondo del proprio messaggio e, nello stesso tempo, sa regolare, sul piano dell’espressione, tutti gli elementi (livelli) retorici, stilistici, linguistici e persino fonico-ritmici, attingendo a piene mani alla propria memoria colta e riecheggiando, volutamente, voci ‘classiche’  che appartengono anche all’immaginario culturale del lettore. Si vedano i richiami perfino leopardiani di Alla luna (p.106) o foscoliani di Quando il grecale gonfia le tue onde (p.102), o quelli pascoliani di Acquazzone d’agosto (p.36) o ancora quelli crepuscolari di Lumini di lucciole (p.103) o di E gonfia e pur dubbiosa (p.105) e perfino quelli ungarettiani di Meriggio d’estate (p.71), di Vento (p.101) o di Malinconia (p.80) e di Giovinezza (p.84) e montaliani di Mentre cala la sera (p.85). L’Autore si muove insomma con estrema sensibilità in un universo stilistico colto e variegato che fornisce, per così dire, l’habitat alla libera espressione delle sue emozioni e delle sue intense riflessioni. 

La profonda attrattiva delle poesie di Melissano sta proprio in questa loro preziosità, in questo essere parole singolari che si disvelano, rivelando lontane suggestioni depositate nel fondo dell’animo umano, ma anche del comune universo culturale mediterraneo, luogo di provenienza e di rivendicata appartenenza dell’Autore, luogo dove il mito si fonde con la storia e l’angoscia si mescola alla tracotanza ed al coraggio: si veda, a questo proposito Ulisse (p.60) che sembra condensare, in un complesso e profondo significato simbolico e tematico, il nucleo essenziale dell’ispirazione poetica di Franco Melissano. Un’ispirazione che si nutre di immagini archetipiche e di riflessioni filosofiche in un afflato poetico originale, giocato sulla struttura ritmica del verso e sulla corrispondenza di campi semantici che estendono e accrescono il significato delle parole.

Se cercassimo in questi versi i rifermenti storico-letterari novecenteschi ‘di cornice’ e, per così dire, ‘di tendenza’, dovremmo fare riferimento sia a quella linea cosiddetta sabiana (che da Umberto Saba va a Sandro Penna e Giorgio Caproni ) e che cerca di recuperare un rapporto diretto con le cose in un linguaggio limpido e comunicativo, sia a quella linea definita lombarda (Vittorio Sereni, Giovanni Giudici) attenta alla riflessione morale e civile, al senso della realtà. 

All’incrocio, secondo la nostra ipotesi, tra queste due linee, Franco Melissano elabora un discorso poetico articolato su più riferimenti, da quello esistenziale a quello storico, a quello antropologico, quest’ultimo vissuto come richiamo alle origini contadine e salentine a cui Melissano sente di dovere una parte importante della propria ispirazione poetica (si veda in proposito Cielo del Sud p.73). Non a caso nelle sue due raccolte precedenti Melissano ha scelto il dialetto come lingua etica e come anima fonica dei propri versi. 

Lo stesso Autore, del resto, nella sua prima raccolta A ccore pertu, riconosce e attribuisce al vernacolo tre pregi: l’efficacia espressiva di certi termini, spesso intraducibili in italiano; la maggiore aderenza del dialetto “alla sfera dell’irrazionale”, al materno, all’emotivo, all’incontrollabile; la necessità di salvaguardare il dialetto dall’attacco multiplo della globalizzazione. 

Evidente dunque un’esigenza del poeta di misurarsi con gli aspetti per cosi dire reali e realistici dell’esistenza, con la concretezza del quotidiano, di fare della poesia uno strumento di conoscenza più estrinseca che intrinseca, più incline all’immediatezza e all’incisività del linguaggio, che sono due caratteristiche del dialetto, non a caso scelto come lingua della prima produzione poetica. 

E questa esigenza permane integra anche nella presente raccolta in lingua italiana, dove Franco Melissano sceglie una dimensione poetica più intima e riflessiva che si esprime in una lingua densa ma mai ermetica, e che lo riconferma profondo conoscitore dell’animo umano  (Dopo il naufragio, p.94) e filosofo del quotidiano (Gabo è tornato a Macondo, p.82), ma anche attento cantore delle proprie radici (Lieve e pungente, p.104) e della coscienza storica e civile (Nemmeno un cireneo, p.78, Purpureo fiore nel fango, p.96).

Come già le due raccolte in dialetto, anche questa rivela, a livello linguistico, l’attenta ricerca lessicale dell’Autore, la sua particolare predisposizione a manipolare la lingua per spostare, combinare e ampliare i significati della parola trasformandola in parola poetica, attraverso note figure di significato: la metafora, spesso presente, come in Ciclista (p.98), in Non omnis moriar? (p.75), ma anche la metonimia, come in Favelas (p.81), in Sant’Andrea (p.57), e la similitudine come in Qual acqua salsa (p.70), e persino  l’iperbole come in Scirocco (p.57), solo per citare alcuni esempi a titolo esplicativo. Naturalmente il poeta fa ricorso in maniera simultanea, conseguenziale e non sempre conscia ai vari livelli di espressione e di significato, ma l’analisi dettagliata del lettore può disvelare almeno una parte del complesso meccanismo che anima il suo poetare, aprendo ad un dialogo più intenso e profondo con il testo.

Melissano svolge il proprio esercizio poetico con consapevolezza etica e teoretica, come testimoniano i versi di Non omnis moriar, dove egli si interroga sul senso dell’esistenza attraverso il senso della poesia e cerca una risposta nella pratica stessa del poetare e nello scorrere del tempo “che toglie al fato il velo”. Tra tempo e poesia la vita scorre tra le dita come un “mozzicone di speranze” e al poeta rimane il compito, oneroso e leggero, di raccontarla in un soffio, in un respiro. Tuttavia, per raccontare la Vita non basta la Storia, con le sue cocenti delusioni e contraddizioni, ma occorre andare su un altro terreno, quello dominato dall’Amore e dai suoi misteriosi legami con l’Essere.

L’amore e il tempo costituiscono gli unici strumenti a disposizione del poeta per raccontare la Vita ed è perciò che quest’ultima raccolta di poesie, che chiude un’ideale trilogia con le due precedenti raccolte in dialetto A ccore pertu (2013) e Carasciule te stelle (2014), accredita Franco Melissano come poeta autenticamente ispirato, vero viaggiatore del tempo perché aperto alla tentazione dell’Essere oltre che della Storia.

Anna Stomeo